Corallo rosso in via di estinzione, tra tradizione e crudeltà

Durante il recente workshop di Napoli gli Usa hanno proposto l’inserimento del corallo rosso tra le specie a rischio di estinzione. La sua quantità nel Mediterraneo è ridotta ad un terzo rispetto al passato. Se si desidera far sopravvivere il corallo e la tradizione della sua lavorazione, bisogna limitarne la pesca.

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di Elisabeth Zoja

Corallo rosso
La quantità di corallo rosso nel mediterraneo è diminuita di due terzi
Preservazione della tradizione o dell’ambiente? Non si tratta di scegliere tra questi due valori, ma di farli cooperare: il rispetto dell’ambiente e delle sue specie è necessario per preservare molte tradizioni popolari. È il caso del corallo rosso, il cui numero nel Mediterraneo è diminuito di due terzi.

Durante il recente workshop di Napoli - un seminario il cui obiettivo era determinare con esattezza il declino della popolazione di coralli - gli Stati Uniti hanno proposto di inserire questa specie nell’annesso due della convenzione di Washington per la difesa delle specie a rischio (Cites). L’annesso due è l’elenco di specie che si possono vendere solo con una certificazione che attesti la legalità del processo di produzione.

Le cause della riduzione del numero di coralli sono l’inquinamento, il riscaldamento globale, ma soprattutto il rastrellamento del fondo del mare attraverso il quale si ricava quell’oro rosso con cui si intagliano collane da 200.000 euro.

Se un tempo bastava scendere in apnea di una quindicina di metri, (dove crescevano coralli lunghi mezzo metro), oggi bisogna scendere oltre 100 metri di profondità per trovare rametti di pochi centimetri. Le reti a strascico erano dunque negli anni Ottanta un metodo diffuso di ottenimento del corallo.

Eppure la pesca del corallo viene difesa per vari motivi: “Troppe nuove regole potrebbero mettere in crisi le piccole aziende artigianali del settore”, spiega Costanza Aprea dell’azienda caprese Chantecler. Vi è anche la tradizione: la lavorazione del corallo è un arte che esiste da oltre 5.000 anni. Gli Stati Uniti d’altronde, hanno tenuto conto di tutto ciò: “Noi siamo favorevoli alla gestione locale e nazionale delle risorse. Purché però questa gestione sia sostenibile.” spiega il capo della delegazione Usa al workshop di Napoli, David Cottingham. “Con ogni probabilità chiederemo l’inserimento nell’annesso 2 della Cites”.

Il tempo stringe, a marzo la Cites si riunirà a Doha per determinare se alcune specie - come il corallo e il tonno rosso - siano da considerare ‘in via di estinzione’.

L’Italia e alcuni paesi del Nord Africa però, non hanno ancora preso ufficialmente posizione.

“Nel nostro mare è già andato perso il 90% delle colonie riproduttive”, spiega Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf. “In Campania, come in Sicilia e in Calabria, si pescava la materia prima. Oggi è il deserto, solo in Sardegna si riesce a trovare ancora qualcosa”.

Pratesi conclude: “Proprio perché da noi c’è un mercato importante abbiamo interesse a difendere il corallo per poter continuare a lavorarlo a lungo”.

13 Ottobre 2009 - Scrivi un commento
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2 lettori hanno commentato questo articolo:
4/12/09 03:26, Redazione Terranauta ha scritto:
Abbiamo pubblicato la vostra lettera a Repubblica e anche un successiva intervista di Elisabeth Zoja con Massimiliano Rocco, responsabile dell’ufficio per la conservazione delle specie "in commercio" del WWF.
10/11/09 03:21, Gioia De Simone ha scritto:
Gentilissimo Direttore,

Le scrivo in qualità di consigliere Assocoral, l'Associazione Nazionale Produttori di Corallo, Cammei e Materie Affini .

Costituita a Torre dei Greco (NA) nel 1978 , l'Assocoral si pone come scopo la valorizzazione, la tutela, la salvaguardia, la promozione di tutto quanto attiene l’artigianato e l’industria del corallo e dei cammei.

Le scrivo in relazione all'articolo : "CORALLO ROSSO IN VIA DI ESTINZIONE,TRA TRADIZIONE E CRUDELTA'", in particolare, le chiedo di poter rettificare le molte informazioni scorrette che rischiano di danneggiare l'industria.

Notizie come " il rastrellamento del fondo del mare attraverso il quale si ricava quell’oro rosso con cui si intagliano collane da 200.000 euro." sono assolutamente FALSE; dal 1994 infatti, la pesca del corallo nel Mediterraneo avviene solo con metodi selettivi (non reti a strascico, ma pescatori subacquei che prelevano solo i rami di una taglia sufficientemente grande da renderne conveniente la pesca).

La prego dunque di consentirmi di rettificare l'articolo in questione , ad ulteriore prova di quanto le dico, vorrei allegare un documento firmato dai più importanti biologi italiani (presenti al workshop di Napoli citato nel suo articolo ) che smentiscono molte delle informazioni lì contenute .

Nell'attesa di un suo gentile riscontro (e di un indirizzo a cui inviarle il sopracitato documento)

Le porgo

Cordiali saluti,

Gioia De Simone

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