L’estrazione del petrolio dalle sabbie bituminose è un crimine ambientale a tutti gli effetti: questa, infatti, può avvenire solo con il ricorso a una tecnica assai più inquinante rispetto ai tradizionali pozzi del petrolio per diversi motivi. Per ottenere un barile di petrolio dalle sabbie sono necessari dai 3 ai 5 barili di acqua.
Per estrarre le sabbie bituminose, inoltre, vengono distrutte le foreste boreali canadesi, uno dei polmoni della Terra, fondamentali nel mitigare gli effetti del riscaldamento globale. Altra conseguenza di queste operazioni è la creazione di enormi serbatoi delle dimensioni di laghi, le cui acque contengono dei prodotti chimici altamente tossici.
La forte dipendenza dal petrolio del nostro pianeta ha trasformato le sabbie bituminose dell’Alberta nel più grande progetto industriale al mondo che si estende per una superficie pari a quella dell’Inghilterra. Nel rapporto “Dirty oil” lanciato da Greenpeace un giorno prima dell’azione si calcola che le emissioni di gas serra provenienti dall’estrazione delle sabbie bituminose sono già pari a quanto emette un intero stato come la Norvegia in un anno e potrebbero triplicarsi rapidamente fino a 140 milioni di tonnellate all’anno.
“Mancano meno di 90 giorni a Copenhagen, la negoziazione sul clima più importante della storia. – sostiene Chiara Campione, responsabile della campagna Foreste di Greenpeace Italia - Se i nostri governanti vogliono dare una chance al nostro pianeta devono immediatamente abbandonare la folle idea delle sabbie bituminose e investire sulle fonti di energia rinnovabili e sulla protezione delle ultime foreste del mondo”.
17 Settembre 2009 - Scrivi un commento