Biogas da Chernobyl: un’idea per la Campania avvelenata

E se gli ettari di terra radioattiva di Chernobyl fossero utilizzati per produrre biogas? E se la stessa "politica" fosse adottata nelle varie zone inquinate del pianeta? Per la prima volta il nucleare potrebbe rivelarsi una fonte davverno "conveniente"....

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di Giorgio Cattaneo

discarica
Un team irlandese-bielorusso ha pensato di sfruttare le avvelenatissime ed improduttive terre intorno alla centrale di Chernobyl, producendo biocarburanti. «Alla fine - scrive Debora Billi su “Megachip” - hanno trovato il modo di produrre energia pulita da una centrale nucleare. Certo, prima è dovuta “esplodere”, ma tant’è: l’idea è comunque ottima, vista la situazione». Perché allora non pensare di sfruttarla anche nelle aree della Campania avvelenate dalle discriche abusive della camorra?

Le zone “morte” attorno a Chernobyl, dove il disastro nucleare ha reso impossibile qualsiasi altra attività, rappresentano qualcosa come il 23% del discarica-2territorio bielorusso, osserva la Billi, e potrebbero fare della piccola repubblica ex sovietica il maggior produttore di biofuel di tutta Europa. L’impianto entrerà in funzione quest’anno con una capacità di 650 milioni di litri. «Vantaggio collaterale: le piante accelereranno il processo di ripulitura dei suoli, assorbendo tossine».

«Tempo fa - aggiunge Debora Billi - avevo suggerito la stessa idea per i terreni della Campania avvelenati da ettari di discariche abusive. Malgrado, ovviamente, non ritenga sensato pensare al biodiesel come soluzione ai problemi energetici relativi ai trasporti, è un’opzione fantastica per tutti i terreni inquinati». Invece di continuare a coltivare pomodori tossici che finiscono sulle nostre tavole, «nelle zone del Casertano dove si è scaricato di tutto (dalle banconote usate ai fazzoletti pulisci-mammelle degli allevamenti, per tacere dei farmaci scaduti e di ogni altra porcheria di cui bisognava disfarsi a poco prezzo) si potrebbe operare una bella conversione alla coltivazione di biocarburanti».

Sempre che, dice ancora la Billi, l’idea non venga adottata dal maggiore imprenditore dell’area: la camorra. Che «ci mette un attimo a riempire bottiglie col biodiesel, colorarlo di verde e scriverci su “Olio extravergine di oliva”, guadagnando 5 euro al litro anziché gli 80 cents del biocarburante. Il condimento ideale, per i suddetti pomodori» (www.megachip.info).

Articolo tratto da Libre Idee

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27 Luglio 2009 - Scrivi un commento
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2 lettori hanno commentato questo articolo:
29/7/09 12:54, val. ha scritto:
pur considerando cio´interessante, ho dei seri dubbi:
-le piante si´, aiuteranno il terreno contaminato a rigenerarsi, assorbendo la radioattivita´, ma quanto ecologico sara´il biocarburante prodotto? la radioattivita´assorbita da queste piante non sara´poi rimessa in circolazione dagli scarichi dei veicoli?
29/7/09 01:50, Angelo Scaravonati ha scritto:
ritengo interessante la soluzione di produrre bioenergia dalle zone contaminate, anche se la soluzione di usare coltivazioni erbacee non sia quella più corretta. In primis perchè l'apparato radicale di queste coltivazioni esplora una quantità di terreno molto limitato; l'attività vegetativa di una erbacea coltivata difficilmente supera i cento giorni, dopodichè entra in senescenza; la stessa pratica agricola utilizza prodotti chimici di sintesi per portare a termine il ciclo produttivo; si perde una concreta occasione di trasformare la zona in qualcosa di ambientalmente "realmente" sostenibile. La proposta:
Produrre importanti quantità di biomassa legnosa da destinare, ovviamente, alla trasformazione energetica: Vantaggi; L'attività vegetativa, nell'arco dell'anno, è più del doppio rispetto alle erbacee; l'apparato radicale esplora una massa di terreno decina di volte maggiore svolgendo una concreta ed efficace attività di fitorimediazione (numerose sono le esperienze al mondo e anche nel nostro paese);per la coltivazione è quasi assente l'utilizzo di fitofarmaci; il paesaggio cambia decisamente ed in modo positivo in quanto si modifica completamente la pratica agricola tradizionale: non c'è più ossidazione della sostanza organica anzi, si registra un concreto aumento; aumenta in modo considerevole la sottrazione di CO2 e, di conseguenza, la produzione di ossigeno; è possibile, con un progetto concreto e adatto per la zona, produrre importanti quantitativi di biomassa legnosa da destinare a vari usi, compresa la produzione di bioetanolo.
Non ultimo è il sistema di produzione di bioenergia che, oggi, registra il miglior indice di bilancio energetico (energia fossile in entrata in funzione di quella pulita in uscita). Tutto questo lo dico a ragion veduta in quanto impegnato sia in Italia che, soprattutto, all'estero allo sviluppo di questi interessanti modelli agroenergetici.
a.scaravonati@virgilio.it
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