Paesi in via di sviluppo e paesi industrializzati, chi ridurrà di più le emissioni?

Ancora una volta il botta e risposta fra Paesi industrializzati e Paesi “in via di sviluppo” ha evidenziato le responsabilità storiche dei primi nei problemi legati ai cambiamenti climatici. Punto in comune è la tecnologia, che viene però vista più come un modo per proseguire sulla stessa strada, che non un aiuto utile a cambiare rotta e mentalità.

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di Andrea Bertaglio

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Per scongiurare la catastrofe ambientale i Paesi industrializzati dovrebbero ridurre le loro emissioni non del 20%, bensì dal 25 al 40% entro il 2020
Questa settimana la presidenza europea di turno, quella svedese, ha approfittato della sua posizione alla testa dell'Unione durante i primi negoziati bilaterali sul clima per far notare alla Cina che anche dalle cosiddette “economie emergenti” ci si aspetta una riduzione delle emissioni di gas serra.

La delegazione europea in visita in Cina dall'11 al 14 luglio scorsi, guidata dal ministro dell'ambiente svedese, Andreas Carlgren, è stata accompagnata dal commissario europeo per l'ambiente, Stavros Dimas, e in occasione di un incontro con il responsabile del comitato “Cambiamenti climatici e Coordinazione”, Xie Zhenhua, ed il ministro per la Protezione Ambientale, Zhou Shengxian, hanno reiterato l'appello europeo alla Cina ed ai Paesi “in via di sviluppo” a ridurre le loro emissioni dal 15 al 30% in rapporto ai livelli previsti per il 2020.

Le 17 economie più “promettenti” si sono, infatti, incontrate di recente e per la prima volta, in modo da trovare accordi che possano fermare il riscaldamento globale a 2°C. Le richieste dell'UE, che riguardano soprattutto Paesi come la Cina, premono per il raggiungimento dell'obiettivo del 15-30%, mentre gli europei faranno di tutto per raggiungere quello della riduzione del 20% delle emissioni rispetto al 1990, e per stabilire dei paletti che possano portare alla realizzazione di tali obiettivi durante le conferenze di Copenhagen il prossimo dicembre.

Se i risultati dell'incontro nella capitale danese saranno come quelli dell'ultimo G8 è meglio mettersi il cuore in pace ed aspettarsi che la temperatura media globale salga di ben oltre due gradi.

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La Cina ha ribadito come le responsabilità storiche dell'effetto serra e del caos climatico in corso siano da attribuire alle nazioni industrializzate
Al di là della solita arroganza occidentale nell'andare a chiedere ai paesi che noi occidentali definiamo, sempre con non poca presunzione, “in via di sviluppo”, la buona fede del ministro svedese punta soprattutto a non far cadere il dialogo riguardante i cambiamenti climatici che si è sviluppato a livello internazionale negli ultimi tempi. La buona fede e le buone intenzioni però non bastano, e tanto meno le belle parole, dato che l'Europa ed i Paesi industrializzati, secondo il gruppo intergovernativo sull'evoluzione del clima (IPCC), per scongiurare la catastrofe ambientale dovrebbero ridurre le loro emissioni non del 20%, bensì dal 25 al 40% entro il 2020.

Sebbene la Cina abbia accolto diversi punti della proposta europea, non stupisce che abbia anche ribadito per l'ennesima volta come le responsabilità storiche dell'effetto serra e del caos climatico in corso siano da attribuire alle nazioni industrializzate, le quali secondo il colosso asiatico dovrebbero ridurre le proprie emissioni del 40%. Anche per una questione di coerenza. In effetti, ci vuole una bella faccia tosta, dopo oltre due secoli di industrializzazione, produttivismo e consumismo forsennato, ad andare in giro per il mondo predicando che si devono ridurre le emissioni di CO2.

Oltre a questi (soliti) discorsi, però, l'UE e la Cina si sono trovate in un clima di maggior consenso riguardo al tema principale della visita, la cooperazione tecnologica, tanto da prevedere l'organizzazione di numerosi seminari a riguardo.

Certo la tecnologia è molto importante, tanto che per lo stesso motivo sono in Cina questa settimana il Segretario americano per il Commercio, Gary Locke, e quello per l'Energia Steven Chu, consapevoli di un'interdipendenza con la Cina, ormai inevitabile e addirittura necessaria anche agli americani.

Ma sentiremo mai nessuno parlare di riduzione dei consumi, come prima e vera soluzione ai nostri problemi economici ed ambientali?

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16 Luglio 2009 - Scrivi un commento
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