Se sei brutto ti tirano le pietre…

Nel corso di questi anni, i principi in base ai quali salvaguardare gli animali dall’estinzione sono stati la bellezza, la bontà delle carni e il valore economico sul mercato. Lupi, orsi, salmoni, aquile, tartarughe… hanno avuto la meglio su molti animali “brutti” ma non per questo privi di importanza all’interno dei vari ecosistemi.

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di Salvina Elisa Cutuli

panda animale estinzione bambu
Per salvare il famoso panda, simbolo, per eccellenza, della connessione tra regno vegetale e animale, si sono dovute salvare le foreste di bambù
“Se sei buono ti tirano le pietre, se sei brutto ti tirano le pietre…” Così cantava una vecchia canzone italiana di qualche tempo fa che ben si addice alla condizione di alcune specie animali che, per la loro “bruttezza”, rischiano di estinguersi in poco tempo. Alcuni di questi animali non sono neanche conosciuti. Nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di vermi, rettili pericolosi, uccelli poco attraenti o esseri repellenti come il necroforo americano, un coleottero che usa le carcasse di animali come nido in cui allevare i piccoli.

Ma come spesso accade anche i più brutti, prima o poi, si prendono la loro rivincita. Infatti, se questi animali fino ad oggi hanno ottenuto meno attenzione e meno soldi rispetto ad altri, adesso da ultimi sono diventati i primi della lista delle specie a rischio.

Gli esperti dell’US Fish and Wildlife Service, che coordinano i programmi di protezione di fauna e flora negli Stati Uniti, assicurano che ormai i fondi vengono distribuiti in base al maggior rischio di estinzione di alcune specie.

È pur vero che, in alto nelle lista troviamo sempre salmoni, trote, tartarughe marine, aquile, orsi, un solo insetto e nessuna pianta.

Quando 35 anni fa sono state compilate le liste delle specie a rischio diversi sono stati i principi utilizzati in base ai quali salvare gli animali: la bellezza, la bontà delle carni e il valore economico. Questo dice tutto sull’importanza effettiva data al problema dell’estinzione. Ecco il motivo per cui orsi, lupi, aquile e pellicani da un lato, e animali dalla carne pregiata come i salmoni dall’altro, hanno avuto la meglio grazie alle logiche “umane” di mercato che non risparmiano nessuno.

Ad esempio, salvaguardare le piante significa proteggere molte altre specie animali perché la scomparsa di un solo elemento nell’ecosistema interrompe un equilibrio delicato. Per salvare il famoso panda, simbolo, per eccellenza, della connessione tra regno vegetale e animale, si sono dovute salvare le foreste di bambù. Purtroppo solo a volte i piani di finanziamento per la salvaguardia dell’estinzione di una specie a rischio tengono conto di queste catene.

Comunque secondo i ricercatori americani, sebbene piccoli, i cambiamenti cominciano a farsi vedere. Molluschi, vermi e invertebrati, i migliori indicatori dei disastri dovuti al cambiamento climatico, stanno ricevendo molta più attenzione.

piante estinzione
Salvaguardare le piante significa proteggere molte altre specie animali perché la scomparsa di un solo elemento nell’ecosistema interrompe un equilibrio delicato
Non solo in America, ma anche in Europa come spiega Piero Genovesi, ricercatore dell'Istituto Superiore per la protezione e la Ricerca Ambientale, “esistono delle politiche già avviate in questa direzione. Adesso non si tutelano solo le specie più carismatiche ma tutte le specie minacciate, sebbene poi sulla decisione finale di quest’ultime, influisce sempre l’esigenza di immagini e le scelte locali. Ve lo immaginate un parco o un comune che scelgano come animale simbolo un insetto? Basta un esempio: l'orso abruzzese ha finora beneficiato di oltre 11milioni di stanziamenti per vari progetti, l'euprotto sardo (Euproctus platycephalus), un tritone endemico nell'isola, a rischio come molti altri anfibi a causa di un fungo patogeno, sembra destinato all'estinzione”.

Ma la speranza è l’ultima a morire anche per i brutti: "a confermare la tendenza di un'attenzione maggiore verso specie meno conosciute e "simpatiche" - dice Genovesi - ci sono numerosi studi sui finanziamenti dei progetti di salvaguardia.

Non si deve sottovalutare infatti che non sono soltanto gli animali brutti ad essere negletti, ma anche i Paesi o le regioni più povere, per cui se Australia, America del Nord ed Europa possono impegnarsi per salvare le loro specie, non succede altrettanto nei Paesi poveri.

In ogni caso, a livello europeo negli ultimi anni le direttive sono state quanto mai chiare: bisogna lavorare di più sulle specie a maggiore rischio, non su quelle più belle".

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6 Luglio 2009 - Scrivi un commento
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