Per la prima volta un bene seriale, che coinvolge quindi istituzioni fra loro diversissime riguardo l’autonomia legislativa ed economica, viene riconosciuto dall’UNESCO meritevole di tutela. L’associazionismo ambientalista lavorando con le organizzazioni del lavoro e delle imprese, ma anche con il mondo del volontariato e con le istituzioni territoriali, può ridefinire il disegno di sviluppo delle vallate dolomitiche.
Con l'appuntamento di domani in Cadore, gli organizzatori intendono illustrare i limiti e soprattutto le tante opportunità di azione che il sostegno dell’UNESCO porterà nell’area dolomitica. Il rischio è che il riconoscimento si trasformi in una lustrina turistica, attraendo nuovi flussi di visitatori che accentueranno i problemi di congestione del territorio, specialmente nelle zone ad alta intensità turistica: pensiamo alla mobilità, alle nuove costruzioni, alla gestione delle risorse idriche.
Per questo occorre uno scatto d'orgoglio che spinga ad esplorare soluzioni nuove e coerenti con la grande sfida globale della lotta al cambiamento climatico: ciò significa puntare su una qualificata offerta di mobilità collettiva, anche ripristinando linee e servizi ferroviari per la migliore accessibilità delle principali località turistiche, anziché sulla costruzione di nuove autostrade.
Il riflettore UNESCO deve essere uno stimolo per 'inventare' un turismo dolomitico impostato sulla sostenibilità, promuovendo l'accoglienza nelle stagioni 'morte' e puntando sulla scoperta di territori fino ad oggi rimasti ai margini, scegliendo di puntare sulla qualità ambientale, coinvolgendo operatori e visitatori nella riduzione di sprechi, inquinamenti e consumi energetici, e investendo sulla qualità culturale dei territori e sulla coesione delle comunità, che sono infrastrutture di sviluppo formidabili anche per andare oltre la monocultura turistica.
Nella piattaforma degli ambientalisti, oggetto dell'appuntamento in Cadore, compaiono cinque elementi fondamentali che si richiede vengano acquisiti dal piano di gestione del sito dolomitico: la coerenza tra gli impegni di tutela del patrimonio assunti davanti alla comunità internazionale e i progetti di trasformazione del territorio, dal paesaggio di fondovalle ai ghiacciai della Marmolada.
L'equità nella distribuzione di risorse e opportunità, perchè, pur tenendo conto dell'esistenza di autonomie speciali, non possono esserci territori di serie A e aree marginali alle prese con lo spopolamento.
La cura della identità, un elemento di forza e coesione che convive con straordinari valori ambientali, in termini di biodiversità e ricchezza del paesaggio, ma anche di convivenza tra diversità linguistiche, amministrative, di costumi, al di là del fattore unificante dato dalla geologia dolomitica: una identità che va coltivata e non svenduta in nome di un malinteso sviluppo.
Il rapporto città – montagna, che deve trovare un nuovo equilibrio fra chi fugge dalle città per ritrovare nelle Dolomiti serenità, pace, natura libera, ambienti incontaminati; valori che spingono le persone a muoversi, che quindi hanno un valore anche economico, ma che non possono ridursi a ciò.
È necessario che la condivisione di saperi produca anche una condivisione di responsabilità nei confronti della gestione del patrimonio naturale e culturale, con tutte le sue fragilità e complessità, e che invece la convivenza di culture così diverse, come quella urbana e quella dolomitica, non si riducano all'imposizione di modelli culturali e di consumo.
“E’ nostra intenzione promuovere un percorso che costruisca coesione sociale e condivisione di intenti nella consapevolezza della ricchezza del territorio - dichiara Gigi Casanova, vicepresidente di CIPRA Italia, la Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi -. Su queste basi la sfida dell’associazionismo ambientalista continua, una sfida costruttiva e basata sulla fiducia, e che ci porterà a valorizzare anche gli aspetti che fanno delle Dolomiti un patrimonio culturale dell’Umanità”.
25 Giugno 2009 - Scrivi un commento