Consumo Etico

Le ‘botticelle’: un’attività anacronistica che non fa onore a Roma

Per le strade di Roma circolano 43 botticelle, carrozze utilizzate per il trasporto dei turisti e trainate dai cavalli che oggi vivono in condizioni sempre più proibitive e di sfruttamento impietoso in nome di una antica tradizione che non ha più senso di esistere.

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di Giovanna Di Stefano

roma 1927
Nella collana "Storia fotografica di Roma" si trova una raccolta di fotografie delle Roma ormai scomparsa che ritraggono carrozze in transito nelle vie della città
Le ‘botticelle’. Alcuni romani sanno di che si tratta altri invece ignorano questo appellativo dialettale con cui si indicano le carrozze trainate dai cavalli, utilizzate per il trasporto dei turisti a Roma. Effettivamente per chi non conosce il termine non è intuitivo associarlo a delle carrozze. L’etimologia è indicativa non della loro funzione attuale bensì di quella originaria: trasportare botti. Botti piene di olio, di vino, o di altre mercanzie che necessitavano di essere movimentate per il commercio cittadino, in tempi ormai remoti.

Nella prestigiosa collana ‘Storia fotografica di Roma’, (edito da Intra Moenia) si trova una raccolta di suggestive fotografie della Roma ormai scomparsa e ci si può imbattere, cercando, in alcune riproduzioni risalenti agli anni venti che ritraggono queste carrozze in transito nelle vie e nelle piazze romane, allora pressoché deserte, a testimonianza che fino all’inizio del secolo scorso il cavallo era praticamente l’unico mezzo di trasporto, a parte qualche rara automobile.

I cavalli delle carrozze di quell’epoca erano in un certo senso dei privilegiati; benché non sia propriamente esatto definirli così dal momento che pur sempre si trattava di animali privati della libertà e costretti loro malgrado a trainare dei carichi, erano tuttavia pur sempre fortunati se li paragoniamo ai loro discendenti, i cavalli delle ‘botticelle’ odierne. Un termine che, riferito ad oggi, risulta più che mai improprio dal momento che i cavalli oggi non trainano più botti, bensì turisti.

Con un’evidente forzatura si vuole oggi infatti far passare la botticella per tradizione lasciando intendere che essa sia sempre stata un mezzo per visitatori: nulla di più falso. Tale attività nacque secoli fa dall’oggettiva necessità di trasportare merci quando l’assenza di altri mezzi di locomozione rendeva obbligato l’utilizzo di animali ed è stata poi forzatamente mantenuta in vita fino ai giorni nostri travisandone completamente il significato.

Da alcuni viene definita addirittura un’irrinunciabile fattore culturale e tradizionale, simbolo stesso di Roma.

botticella piazza spagna
La sofferenza dei cavalli è spesso visibile, basta osservarli da vicino
Difficile credere innanzitutto che solamente a Roma il cavallo fosse utilizzato come mezzo da traino al punto da doverlo legare simbolicamente a questa città. Ancor più difficile, se non decisamente ridicolo, pensare che uno dei simboli della città eterna possa essere una carrozza trainata da un cavallo, come ve ne sono in tutto il mondo, e non piuttosto uno dei monumenti millenari e ricchi di storia quali il Colosseo, il Pantheon, o Piazza Navona, solo per rimanere molto banalmente tra i più conosciuti.

Ancor più arduo infine, definire con il termine ‘cultura’ una pratica che si fonda sullo sfruttamento impietoso di animali, costretti a perpetrare, loro malgrado, la pratica del trasporto a mezzo di carrozza, per di più in condizioni oggi divenute sempre più proibitive a causa dell’alto grado di congestione stradale che caratterizza il centro cittadino.

Torniamo ad osservare le piazze e le vie di Roma, le stesse delle foto d’epoca del libro. Troveremo uno scenario completamente cambiato, una città irriconoscibile: automobili, motorini, autobus affollano gli stessi luoghi, sottratti per sempre alla dimensione del pedone e consegnati ad un traffico impazzito, che ogni giorno rende Roma più caotica, più rumorosa, più congestionata. Non è questo un punto forte della nostra città, ma è purtroppo la realtà.

I cavalli sono forzati a lavorare proprio in questo traffico selvaggio, del cuore della capitale, stressati costantemente dal frastuono dei clacson, delle sirene, da mezzi che gli sfrecciano accanto sfiorandoli e spesso facendoli imbizzarrire con nefaste conseguenze.

Come può Roma, emblema di civiltà e cultura, permettere che degli animali nobili, delicati e vulnerabili come i cavalli vengano costretti a lavorare in tali condizioni, trattati come oggetti, senza la minima e più elementare considerazione per la loro natura di esseri senzienti?

I cavalli delle botticelle, macchine per far soldi, vengono sfruttati all’inverosimile, costretti a trainare carichi di 800-900 kg (tra carrozza e turisti) per molte ore al giorno, a volte in salita, su pavimentazioni estremamente scivolose come i san pietrini, e sovente condotti da vetturini incoscienti lungo strade a scorrimento veloce come addirittura il lungoTevere, ad alto rischio di incidenti. In estate a Roma il termometro tocca temperature ‘africane’ tanto che anche solo stando immobili, a riposo, sembra a volte mancarci il respiro, non riuscire a stare in piedi, tale è il grado di umidità che rende l’aria irrespirabile, tale il caldo che arroventa l’asfalto dei san pietrini, trasformati in un’enorme piastra radiante.

cavallo impaurito strassato
Un cavallo spaventato e stressato dal rumore incesante del traffico selvaggio
I cavalli patiscono molto questo caldo, come noto, e la loro sofferenza è spesso visibile: basta osservarli da vicino per vedere come sbavano, per l’afa, per la fatica; come si sgrullano, come dondolano ossessivamente la testa, cercando disperatamente di liberarsi del morso che hanno in bocca, che masticano nella speranza di reciderlo, perché non si sono mai abituati ad avere un ferro in bocca, e mai si abitueranno. Come dargli torto del resto? Perché accanirsi con questa cattiveria su questi pacifici e miti animali? Cosa ci hanno fatto per meritare simile condanna quotidiana?

I vetturini, che lucrano sul sudore di questi poveri animali, non se lo chiedono perché a loro semplicemente non interessa. Per loro i cavalli sono una fonte di reddito – e che reddito! – pertanto continuano a sostenere, contro ogni evidenza e buon senso, che i cavalli non soffrono. Forse dovrebbero provare loro stessi a fare le veci dell’animale per un giorno, così bardati, con un ferro in bocca e sotto le sferzate del frustino. I romani invece sono di tutt’altro avviso, concordi nel condannare quella che ormai è una pratica anacronistica, irrispettosa degli animali e soprattutto inutile. Oggi i turisti dispongono di innumerevoli mezzi per ammirare Roma (pullmann scoperti, taxi, risciò, biciclette) senza per questo divenire complici di un ingiustificato sfruttamento nei confronti di chi non si può difendere.

Solamente nell’ultimo anno numerosi sono stati gli incidenti, due dei quali si sono conclusi con la morte dei cavalli. Il primo, nel luglio 2008, quando Legoli è scivolato rovinosamente sul lungo Tevere, sfiorato da una vettura. Il secondo, a novembre, proprio di fronte al colosseo: Birillo, caduto sui san pietrini, dopo aver agonizzato per ore, è stato abbattuto.

Il regolamento per la tutela dei diritti degli animali del comune di Roma, approvato all’unanimità nel 2005, che tenta di limitare i danni provocati da questa attività, si dimostra essere del tutto insufficiente, non per carenza del suo contenuto ma perché prescrivere limitazioni, ancorché senza dubbio positivo, non risolve il problema, che è insito nell’attività stessa del traino delle carrozze, un’attività che andrebbe abolita. L’art. 46 stabilisce il divieto di far lavorare i cavalli dalle 13 alle 17 (dal 1 giugno al 15 settembre) e per più di 6 ore al giorno, di non portarli in salita al di fuori della ZTL, di non sovraccaricare la carrozza, infine di garantire pause all’ombra e di abbeverare i cavalli.

riscio citta
Il risciò è una possibile alternativa alle botticelle
Se queste limitazioni fossero realmente rispettate sarebbe già un piccolo risultato, ma purtroppo i vetturini spesso e volentieri violano il regolamento ben sapendo di rimanere impuniti, complice l’assenza di controlli, e i privilegi di cui ha sempre goduto la loro categoria. Infatti i vetturini non hanno, a differenza di taxi o di qualunque esercizio commerciale, l’obbligo di esporre un prezziario delle corse, facoltà che permette loro di formulare il prezzo che più gli aggrada di volta in volta, approfittando dell’ingenuità dei turisti.

Come se non bastasse non rilasciano ricevute, discostandosi anche in questo dalle altre categorie di lavoratori e godendo di un ulteriore vantaggio economico; non pagano infine alcuna cifra per il ricovero dei cavalli, che di notte vengono tenuti in strutture, a dir poco fatiscenti, che il comune concede loro a titolo completamente gratuito. E’ incomprensibile come una categoria, composta peraltro di soli 43 individui, possa godere di simili privilegi in barba alle più elementari regole di trasparenza del mercato e di tutela dei consumatori. Il rifiuto di adottare un prezziario, come anche la loro riluttanza a riconvertirsi in altra attività (per esempio tassisti, così come più volte gli è stato proposto dal Comune) è indice di quanto sia remunerativa l’attività di ‘botticellaro’.

Spesso in merito al problema botticelle si sente dire che i vetturini vogliono bene ai loro cavalli se non altro perché sono per loro fonte di guadagno. Stante che la motivazione non convince di per sé – l’amore per un animale direttamente proporzionale a quanto lo si fa lavorare..?! – l’affermazione non è comunque credibile. Infatti qual è il vetturino che di fronte all’offerta di un turista di 2-300 euro (tanto è il prezzo per una corsa di un’ora!) rifiuta prontamente qualora si trovi nella fascia oraria di riposo imposta dal regolamento e non cede piuttosto alla tentazione di accettare, ben sapendo che nessuno controllerà e sanzionerà mai l’infrazione?

botticelle sosta roma
Molti si chiedono che fine farebbero i cavalli se le carozze venissero dismesse
Una delle obiezioni che più spesso si sente porre anche da chi è comunque contrario alla pratica delle botticelle riguarda la fine che farebbero i questi cavalli se effettivamente le carrozze venissero dismesse. Innanzitutto c’è da fare una semplicissima considerazione: la ‘fine’ sarebbe in ogni caso la stessa se le botticelle continuassero ad esistere, con la differenza che il malcapitato cavallo nel frattempo continuerebbe la sua penosa esistenza fatta di stenti e sofferenze.

Secondariamente c’è da dire che il mattatoio come destinazione per questi cavalli fortunatamente è ormai vietato, grazie proprio al succitato regolamento del 2005; i cavalli non più in grado di lavorare dovrebbero essere messi ‘in pensione’ presso idonea struttura. Infine si ricorda il Corpo Forestale dello Stato, che già ospita alcuni cavalli provenienti dal palio di Siena nonché altri dell’Esercito vecchi e non più utili, si è offerto di dare degna accoglienza ai cavalli delle botticelle romane qualora venissero definitivamente liberati dalla loro carrozza.

I romani, e anche molti turisti che vengono a far visita alla nostra città, si chiedono perché si debba continuare a mantenere in vita un’istituzione che è indifendibile, appartenente ad un’altra epoca e non si faccia piuttosto una scelta di civiltà eliminando questa pseudo attrattiva turistica in nome del rispetto di tutti, della sicurezza stradale e, diciamolo, della modernità. Perché modernità non può essere solo il digitale terrestre ma anche e soprattutto il coraggio di rinnovarsi, lasciandosi alle spalle ciò che è ormai obsoleto e soprattutto dannoso per l’immagine della città.

15 Giugno 2009 - Scrivi un commento
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Un lettore ha commentato questo articolo:
18/6/09 04:00, SCROS ha scritto:
MA NON FACCIAMO RIDERE!

QUESTE SONO CONSIDERAZIONI E ARGOMENTI DA "GATTARE"

QUALUNQUE ANIMALE è MANTENUTO DALL'UOMO A FINI ECONOMICI

DIVERSAMENTE VEDI PREDATORI, CON L'UOMO ESISTE SOLO IL

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