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Greenpeace denuncia i grandi marchi che distruggono l'Amazzonia

Greenpeace dopo un'inchiesta durata 3 anni, denuncia: Geox, Adidas, Chateaux d’Ax, Kraft e Cremonini nascondono dietro i loro processi produttivi storie di deforestazioni, incendi, abusi e nuova schiavitù della popolazione locale.

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Amazzonia
Multinazionali famose e diffuse provocano morte e distruzione per ottimizzare i costi dei prodotti che noi consumiamo ogni giorno
Dopo tre anni di indagini sotto copertura, Greenpeace pubblica l’inchiesta “Amazzonia, che macello!” fornendo una sconcertante fotografia del complesso mercato globale della carne e della pelle. Rivela come i giganti brasiliani del comparto zootecnico – parzialmente partecipati dallo stesso governo brasiliano – stanno distruggendo l’Amazzonia e il clima del nostro pianeta.

In quest’inchiesta, per la prima volta, emergono i nomi di marchi come Geox, Adidas, Chateaux d’Ax, Kraft e Cremonini che nascondono dietro i loro processi produttivi storie di deforestazioni, incendi, abusi e nuova schiavitù della popolazione locale.

Nell’inchiesta, Greenpeace, si concentra principalmente sulla deforestazione illegale. Le prove raccolte dimostrano che i giganti del mercato della carne e della pelle brasiliani (Bertin, JBS, Marfrig, ecc.) vengono regolarmente riforniti da allevamenti che hanno tagliato a raso la foresta ben oltre i limiti consentiti dalla legge. Questi allevamenti continuano a distruggere un ettaro di foresta amazzonica ogni 18 secondi.

I dati a disposizione di Greenpeace dimostrano, inoltre, che alcune delle fattorie che riforniscono Bertin, JBS e Marfrig utilizzano forme illegali di lavoro schiavile e occupazione di riserve indigene.

“Le scarpe che usiamo tutti i giorni, il divano nel nostro salotto, la carne in scatola che compriamo al supermercato e persino i pasti pronti che consumiamo sul treno o in autostrada possono avere un’impronta ecologica devastante sull’ultimo polmone del mondo e sul clima del nostro pianeta” spiega Chiara Campione, responsabile della campagna foreste di Greenpeace.

L’allevamento bovino in Amazzonia ha impatti disastrosi anche a livello sociale, compresi fenomeni di nuova schiavitù. In Brasile, nel 2008, ben 3005 nuovi schiavi sono stati liberati da decine di aziende zootecniche. Il 99 per cento di questi erano tenuti prigionieri in Amazzonia.

“E’ il tempo del coraggio e della responsabilità per i nostri governanti e per le aziende che stanno dietro ai marchi globali se vogliamo vincere la sfida del cambiamento climatico. Per produrre una paio di scarpe sportive, invece, rischiamo di deforestare illegalmente, promuovere forme di nuova schiavitù e accelerare il cambiamento climatico. Per questo chiediamo a tutti i marchi coinvolti di interrompere immediatamente i rapporti commerciali con aziende o allevamenti che sono legati alla distruzione dell’Amazzonia” conclude Campione.

A livello globale la deforestazione determina il 20 per cento (o un quinto) delle emissioni di gas serra. Il Brasile è il quarto più grande emettitore di gas serra a livello globale (dopo Usa, Cina e Indonesia). Per promuovere la crescita della produzione di carne e pelle il governo brasiliano sta investendo per sviluppare ogni singola parte della filiera della carne e delle pelle nel Paese divenendo a tutti gli effetti un socio in affari della distruzione della foresta.

La conferenza sul Clima di Copenhagen, che si terrà a dicembre 2009, è un’opportunità unica per tutti i governi che dovranno prendere misure efficaci per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra a livello globale. Un vero accordo per la salvezza del clima e del pianeta deve includere azioni concrete e fondi adeguati per fermare la deforestazione.

2 Giugno 2009 - Scrivi un commento
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