Abbandono, randagismo, prigionia... che vita da cani!

400.000 cani randagi solo nel sud Italia, 150.000 quelli abbandonati ogni anno. A monte del problema vi è l'assenza totale di una cultura del rispetto degli esseri viventi, equiparati ad oggetti piuttosto che ad esseri senzienti che hanno il diritto di vivere, di stare in salute e di socializzare.

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di Giovanna Di Stefano

randagismo
In alcune città il randagismo è un fenomeno normale con cui la gente convive
L’episodio di Scicli (Ragusa), che ha visto nel marzo scorso un bambino morire sbranato da un branco di cani (sebbene non randagi bensì di proprietà) ha riportato in primo piano la questione del randagismo in Italia, una piaga che affligge per lo più il sud del nostro paese, dove i numeri parlano da soli: 400.000 i cani randagi che popolano il centro-meridione contro gli ‘appena’ 17.000 del resto dell’Italia. Un gap impressionante che riesce a dare un’idea di come nelle regioni meridionali i cani vaganti, affamati, malati, e di conseguenza a volte anche molto pericolosi, siano una realtà ‘normale’ con cui si convive.

In una città del nord Italia avvistare un cane che vaga senza meta e senza collare desta subito l’attenzione, la curiosità, la preoccupazione dei passanti, almeno dei più attenti, i quali si interrogano su chi possa essere il proprietario, sul perché il cane sia stato lasciato libero, sul fatto che non risulta godere proprio di ottima salute, e così via… Se lo stesso cane vagasse nelle strade di una città meridionale la reazione sarebbe completamente diversa: indifferenza, per lo più.

E’ talmente diffuso il fenomeno che non rappresentando una novità non suscita l’attenzione e le premure dei passanti, se non di qualche ‘animalista’. Questa categoria di persone – per capirsi le cosiddette “canare” o “gattare” che alla vista di animali sofferenti, affamati e privi di cure si prodigano in prima persona (spesso arrivando a rovinarsi economicamente) per alleviare il loro disagio provvedendo a nutrirli e per quanto possibile dar loro un ricovero – non è sempre ben vista. Per l’esattezza fintantoché queste persone si limitano ad assistere gli animali nel completo anonimato, a proprie spese e senza nulla pretendere dalle autorità tutto va bene. Se però si cominciano ad esigere delle spiegazioni dalle amministrazioni competenti sul perché quei cani vagano in stato di completo abbandono nel loro territorio senza che le autorità intervengano, come prevede la legge, allora ecco che sorgono i problemi. Le amministrazioni si mettono sulla difensiva, piangendo miseria e mancanza di fondi. La realtà è invece ben diversa, perché i fondi vengono erogati ma, soprattutto nel sud Italia, quasi mai impiegati per le finalità preposte.

canile
I cani in un canile non hanno alcuna possibilità di socializzare
La Legge 281/91 parla chiaro dicendo che le amministrazioni sono pienamente responsabili degli animali vaganti sul proprio territorio e sono tenute pertanto ad intervenire prontamente ricoverandoli in strutture apposite, i canili e i gattili, realizzate e gestite direttamente dal comune stesso. Tuttavia quest’ultimo spesso preferisce stipulare convenzioni con privati subappaltando quindi a terzi la gestione delle strutture; chi vince l’appalto è spesso, anzi quasi sempre, un individuo privo di scrupoli che non è minimamente interessato al benessere dell’animale, ma piuttosto ai contributi giornalieri forniti dal Comune: da 1,5 a 5 € al giorno per ogni cane.

I contributi vengono regolarmente erogati dal comune ma le spese realmente effettuate per i cani mai rendicontate, senza che vi siano peraltro mai controlli sullo stato di salute degli animali e l’andamento delle adozioni. Le strutture dei canili sono spesso fabbricati fatiscenti, sudici, dei veri e propri lager dove i cani anziché essere ospitati temporaneamente scontano un vero e proprio ergastolo tra mille sofferenze. Le adozioni vengono ostacolate con ogni mezzo perché ogni cane che esce equivale ad un contributo non più percepito e non è raro constatare che l’orario di apertura al pubblico è praticamente inesistente (una o due ore alla settimana in orari scomodi, proprio per scoraggiare le visite).

Una morte, quindi, quella di questi cani che arriva dopo anni di un’esistenza spaventosa, che si consuma ogni giorno alla catena, in un box minuscolo, senza mai la possibilità di sgranchirsi e di socializzare, senza speranze di uscire… Alcuni gestori pur intascando il contributo giornaliero non lo utilizzano nemmeno per garantire quella quantità di cibo minimo per la sopravvivenza dei cani, lasciando che questi agonizzino, senza cibo né acqua, infestati da parassiti e malattie dilaganti. Questi animali, dall’aspetto spettrale, scheletrico fino all’inverosimile, con uno sguardo allucinato e sofferente guardano attraverso le sbarre della loro prigione, che diverrà la loro tomba. Scenari come questi li hanno visti tutti almeno una volta, non dal vivo, certamente, ma in televisione senza dubbio. A volte lo stato dei canili lager acquista connotati ancora più tragici, andando al di là di qualunque immaginazione: cani massacrati a bastonate, spariti nel nulla, sequestrati per maltrattamento, privati delle corde vocali per "risolvere" problemi di inquinamento acustico.

Quella che è una vera e propria mafia si combatte quindi non con l’assistenzialismo e l’intervento nell’immediato bensì dal punto di vista legale, facendo rispettare una legge che già esiste e portando i sindaci di fronte alle proprie responsabilità, ai doveri che per anni hanno ignorato, certi di rimanere impuniti, nella sicurezza che nessuno si sarebbe interessato della salute dei cani fintantoché vi sarebbero state altre priorità.


Dati abbandono e randagismo (I dati fanno riferimento all'anno 2006 e sono stati trasmessi dalle Regioni al Ministero della Salute entro dicembre 2007)
A monte del problema specifico sulla struttura ospitante, che, anche se idonea, spaziosa, pulita e piena delle cure dei volontari, è pur sempre una vera prigione, vi è la piaga del randagismo, che non accenna a regredire. Ogni anno in tutta Italia vengono abbandonati circa 150.000 cani e 200.000 gatti, l’80% dei quali muore dopo un mese per stenti o vittima di incidenti stradali, nei quali a volte vengono coinvolte anche le persone.

L’atto di abbandonare un cane deriva innanzitutto dalla totale assenza di una cultura del rispetto degli esseri viventi, dall’equipararli ad oggetti piuttosto che ad esseri senzienti che hanno il diritto di vivere, di stare in salute e di socializzare. Queste esigenze primarie vengono vissute da alcuni padroni come un peso, una fonte di perdita di tempo, un fastidio. Molti quando acquistano un cane credono piuttosto che si tratti di un peluche: perfetto per giocarci e senza particolari esigenze. Ed ecco che il giocattolo vivente diventa sempre più ingombrante, anche fisicamente, dato che il cucciolo cresce, finché sbarazzarsene diventa per alcuni inevitabile, un male ‘necessario’. Come si può andare in vacanza con il cane? Una domanda che si dovevano senz’altro porre al momento dell’acquisto ma che per leggerezza non hanno fatto. Nemmeno si considera l’idea di cambiare meta e modulare il programma vacanziero anche sulle esigenze del nuovo arrivato, scegliendo destinazioni un po’ più modeste ma dove il quattro zampe è ben accetto. Sembra incredibile ma vi sono anche insospettabili famiglie che con le vacanze estive alle porte si ‘ricordano’ di avere un cane, realizzano di avere un ‘problema’ e compiono un atto ignobile: l’abbandono dell’animale. “Tanto qualcuno lo troverà e se ne prenderà cura..”

L’atto di abbandonare il proprio cane è quanto di più vigliacco si possa fare. Fermare la macchina, guardarsi attorno per assicurarsi di non essere visti, scaricare il cane, risalire in fretta e sfrecciare via. Controllare nello specchietto retrovisore: “ci segue”? Cosa può esistere di più vigliacco di un atto simile? Abbandonare un animale che riponeva nel suo padrone una fiducia incondizionata, una dedizione totale. E’ tanto più drammatico un abbandono quanto più l’animale ha un‘indole dipendente, quanto più si affeziona, tanto più ha identificato nel padrone il suo unico riferimento, la sua stessa esistenza. Chi se non il cane rispecchia queste caratteristiche?

cane morto
Abbandonare un cane ne decreta la morte, spesso violenta, causata da incidenti stradali
Con la Legge 189 del 2004 abbandonare un cane è diventato un reato punito dalle leggi dello Stato con l'arresto fino ad un anno o ammenda da 1.000 a 10.000 €. La Legge 281/91, oltre agli obblighi delle amministrazioni di cui si è accennato, sancisce l’istituzione dell’anagrafe canina che tramite un tatuaggio indolore collega ogni cane al proprietario; stabilisce inoltre che né i cani detenuti nei canili, né quelli randagi possano più essere soppressi né ceduti a laboratori di vivisezione.

Una legislazione quindi esiste ma non viene rispettata. Tuttavia è necessario agire anche a monte del problema cercando di contrarre il numero, purtroppo in crescita ogni anno, degli animali randagi.

La piaga del randagismo può essere combattuta con tre armi: a livello culturale con la sensibilizzazione, dalle scuole ad iniziative di vario tipo che prevedano un sempre maggiore coinvolgimento dei media, al fine di aumentare il grado di consapevolezza del diritto alla vita di tutti gli esseri viventi; con la legalità, obbligando i comuni a rispettare la legge ed impiegare correttamente i fondi regionali che gli vengono assegnati per la realizzazione e gestione dei canili. Infine con la sterilizzazione obbligatoria: solo con questa misura infatti è possibile arginare il problema, ridurre in modo drastico le nascite, quindi svuotare i canili che verrebbero ‘riforniti’ sempre meno e dove i cani in numero minore riceverebbero così più assistenza.

Una sessantina di associazioni hanno presentato a marzo di quest’anno una petizione al Governo per chiedere, tra le altre cose, proprio la sterilizzazione obbligatoria degli animali di proprietà i quali, allo stato attuale delle cose, vengono fatti figliare in modo indiscriminato determinando un aumento della popolazione canina e rappresentando un durissimo colpo per l’emergenza adozioni nei canili: ogni cucciolo di razza nato è un cane in meno sottratto alla prigionia del canile. Spesso infatti chi vuole prendere un cane si lascia facilmente affascinare dal cucciolo di razza e orienta la sua scelta su questo, anziché recarsi al canile comunale e salvare la vita ad un condannato ingiustamente.

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27 Maggio 2009 - Scrivi un commento
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